“Habemus papam”: con questa frase di rito la Chiesa Cattolica ha nominato il successore di papa Francesco, deceduto il 21 aprile di quest’anno. Fin dal giorno dopo la sua morte gran parte di coloro che lo avevano severamente criticato in vita, hanno cominciato a tesserne le qualità, dimostrando l’ipocrisia tipica di chi non parla tanto per convinzione, ma, piuttosto, per convenienza. Per poi riprendere la pratica dello stesso sport iniziando a imputare al nuovo pontefice accuse e pregiudizi prima ancora che il medesimo potesse fare qualsiasi cosa.
Tutto questo non è altro che la conseguenza della “forma” Chiesa, forma che inesorabilmente cade sotto le dinamiche proprie delle cose materiali. Uno dei modi per stabilire se un insegnamento spirituale sia o meno affidabile, è proprio quello di considerare il suo tipo di organizzazione. Quanto più questa è strutturata e regolamentata, tanto più essa dimostra di dare la precedenza all’aspetto materiale su quello spirituale. Ed è destinata, prima o poi, a risolvere un conflitto fra queste due anime, che preponderà sicuramente dalla parte della forma, alla quale si sarà legata in modo indissolubile.
Quando alcune persone si mettono insieme con la volontà di formare un gruppo, lo fanno spinte da qualcosa che le unisce, da un ideale comune che desiderano approfondire o vivere all’interno del gruppo stesso. Presto però l’entusiasmo o il timore porta a voler dare una forma tangibile al gruppo, apparendo il solo lato ideale troppo vago, invisibile ed evanescente. Si accorgeranno così poco tempo dopo che si è trattato di un errore, quando i formalismi, le regole, le cariche sociali cominceranno a diventare più importanti degli ideali iniziali. Il tempo infatti richiede di tanto in tanto una revisione degli ideali, uno sforzo a mantenerli il perno delle attività comuni, e la via più facile appare allora quella di rifugiarsi nella forma e nei regolamenti. Ciò, lungi dall’essere la soluzione ricercata, diventerà il suo opposto, l’accelerazione cioè verso lo scioglimento del gruppo. La forma non può mai sostituirsi all’ideale; potrà essere utilizzata e abitata in via transitoria da quest’ultimo, finché servirà al suo scopo, per essere poi, una volta raggiunto e risvegliato un obiettivo ulteriore, abbandonata, trasformandola in un guscio vuoto e inutile.
Bisogna dire che le leggi della materia sono a volte troppo stringerti, e diventa necessario trovare un accomodamento, un compromesso che consenta di continuare ad operare sul piano fisico. È sulle spalle di chi vuole proseguire il lavoro, tuttavia, tenere sempre presente l’idealità iniziale, alla quale i formalismi devono essere al servizio.
La forza spirituale di un gruppo non dipende dai successi materiali che potrà conquistare, ma dal successo (non visibile, né spendibile esternamente) della crescita interiore di coloro che si rivolgessero ad esso con l’intento di migliorare se stessi e vivere come il Cristo, dandoci l’esempio, ci ha chiesto di fare: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Giov. 15,12).
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