LETTURA SETTIMANALE
Il TEMPO MISTICO, una "liturgia" speciale, esegesi settimanale di un passo del Vangelo sotto la lente del Cristianesimo Interiore
Periodo liturgico: Nuova Gerusalemme - colore: viola
A chiusura dell’Anno Liturgico troviamo il periodo dedicato alla “Nuova Gerusalemme”, che prefigura la chiusura dell’esperienza umana nella dimensione fisico-chimica, e la realizzazione del suo destino nel “Regno che non è di questo mondo”; ossia il ritorno all’Eden da cui fummo originariamente espulsi.
Di conseguenza le letture previste sono tratte dal testo biblico che più di ogni altro fa riferimento a questo periodo escatologico: l’Apocalisse di Giovanni.
47.a settimana -Domenica 23 novembre 2025
L'Agnello
Apocalisse 14, 1-20
Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo.
Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe.
Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.
Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l'Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello.
Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia.
Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo.
Egli gridava a gran voce:
"Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque".
Un secondo angelo lo seguì gridando:
"È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha abbeverato tutte le genti
col vino del furore della sua fornicazione".
Poi, un terzo angelo li seguì gridando a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano,
berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello.
Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome".
Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
Poi udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono".
Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata.
Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura".
Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata.
Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature".
L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio.
Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.
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Il Cristo disse, prima di lasciare il corpo di Gesù: “Dove vado io ora voi non potete seguirmi, ma lo farete in seguito… Vado a prepararvi un posto”. Il “posto” può essere inteso sotto due aspetti: il corpo radioso dell’uomo, il vero tempio dello spirito, e anche la dimensione, il luogo nel quale l’umanità sarà in grado di vivere quando avrà sviluppato detto corpo. In quest’ultimo caso si tratta della Terra eterea, l’Eden perduto e ritrovato. Questa Terra c’è già, ovviamente, ed è a noi preclusa solo a causa della nostra incapacità di coscienza di vederla e di vivere in essa. Alcuni chiaroveggenti affermano che un centro spirituale primario di questa Terra eterea, la “città di Gerusalemme” come la definisce Giovanni, si trova sopra la Gerusalemme terrena, sulla verticale, potremmo dire, della Gerusalemme terrena, cioè “sul monte Sion”.
I pionieri dell’umanità, coloro che per primi raggiungono questa città, cioè questa dimensione, sono i “144.000 che hanno sulla fronte il nome”, l’“Io sono”: la coscienza spirituale consapevole.
Per loro cambia la musica celeste: si ode “una voce come fragore di grandi acque e rimbombo di forte tuono” (4:5). Cambiano gli Archetipi: la Regione Continentale retrocede a favore della Regione Oceanica, acque che ripuliscono e risanano. Un “canto nuovo”, accompagnato da musica dolce “come quella di suonatori d’arpa”. Sono finite tutte le ricapitolazioni, stiamo assistendo ad una novità assoluta, ad una prima che solo “i 144.000, i redenti della terra, possono comprendere”.
Essi hanno superato la fase sessuale: “Non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini”. E sono i primi esseri umani a inaugurare questo traguardo evolutivo, tanto sospirato sia dagli uomini che dalle Gerarchie: “Primizie per Dio e per l’Agnello”. Che siano “primizie” ci dà la certezza che non saranno i soli a compiere questo passaggio, ma solo i pionieri della razza umana, a cui gli altri seguiranno successivamente.
La purezza è il requisito essenziale, infatti “sono senza macchia”. Non dobbiamo pensare che ci sia un risorgere collettivo dei 144.000: nulla vieta che essi raggiungano questo traguardo individualmente man mano che sono maturi per meritarlo. E vi sono alcuni che già lo hanno fatto.
L’architettura letteraria con la quale è costruito questo capitolo, dal versetto 6 fino alla fine, è un capolavoro che deve essere meditato per essere compreso fino in fondo.
Troviamo descritti 7 protagonisti, fra i quali ci sono 6 angeli e “uno simile a Figlio d’uomo”. Se li guardiamo con uno sguardo d’assieme, essi rappresentano il percorso dell’evoluzione dello spirito dell’uomo, che diventa consapevole, diventa un “Io sono”, al quarto (come è corretto che sia) protagonista: l’“Uno”.
Il seguente schema può esserci di aiuto per seguire l’interpretazione del testo nella sua strutturazione:
Esaminando però tutti i personaggi, troviamo altre chiavi di lettura.
Il primo angelo è quello più importante: l’angelo del versetto 6. Questo angelo è quello che aveva richiesto “ai quattro venti” di non soffiare sulla terra fino a quando tutto non fosse pronto (7:2): allora era al suo sorgere, era la Nuova Era che stava sorgendo sull’umanità. Ora “vola in mezzo al cielo”: è arrivato! È la Nuova Era nella maturità dei tempi. È l’angelo della Gerarchia del segno fisso dell’Acquario (h - aria), che “reca un vangelo eterno per gli abitanti della terra”, e “grida a gran voce: è giunta l’ora”. È il Vangelo dell’Era dell’Acquario.
È esperienza comune di ognuno che quando siamo impegnati a fare le pulizie di casa, strizzando i panni che abbiamo lavato, esca l’acqua sporca, e che dobbiamo ripetere questa operazione fino a quando i panni non siano completamente puliti, o “purificati”. È esattamente ciò che Giovanni ci descrive nell’Apocalisse: dopo l’angelo dell’Acquario arriva “un secondo angelo”; è l’angelo della Gerarchia del segno fisso dello Scorpione (e - acqua) che, strizzando Babilonia caduta, purifica la Terra dalla sua “fornicazione”. Sconfitta degli spiriti marziani di Lucifero.
Un terzo angelo, appartenente alla Gerarchia del segno fisso del Toro (_- terra), “lo seguì gridando: Chiunque adora la Bestia e la sua statua berrà il vino pigiato dall’ira di Dio versato nella coppa della sua ira” (è quanto vedremo nel prossimo capitolo). “Il fumo del tormento” è il risultato della concezione materialistica della vita. Sconfitta degli spiriti saturnini delle Tenebre.
Tuttavia, strizzando anche questa esperienza e scartando le falsità che portano ad “adorare la Bestia e la sua statua”, due prodotti buoni alla fine ricaviamo, a conferma che è solo attraverso il percorso terreno che l’uomo può trovare la via verso la riunificazione interiore. Due sono questi prodotti descritti da Giovanni:
- il primo consiste nei “santi che osservano i comandamenti e la Fede in Gesù”; possiamo capire che sono coloro che, seguendo le Chiese, orientano verso il bene la loro vita;
- il secondo sono i “Beati”, quelli che non si sono accontentati di pregare, ma che hanno anche agito, “perché le loro Opere li seguono”. È la seconda delle sette beatitudini dell’Apocalisse.
Sono i due temperamenti umani. I primi appartengono alla classe dei Mistici o Contemplativi, i secondi a quella degli Occultisti od Operativi; le due classi nelle quali si divide il genere umano e i due tipi di esperienze che ciascuno, nella catena delle sue rinascite, deve sperimentare prima di tentare di riunirle dentro di sé per compiere il passo decisivo. Per essere completi, però, dobbiamo passare “dalle parole ai fatti”: i Beati sono quelli che anche agiscono.
Dopo il terzo angelo ne compare, “su una nube bianca”, un quarto. Questa volta non è un angelo, ma “uno che sta seduto, simile a Figlio d’uomo”. Come abbiamo detto all’inizio del capitolo 12, l’uomo fa parte delle forze chiamate come “Angeli”: l’Uno è infatti il quarto protagonista del racconto, rappresentando l’uomo “redento”. È il Sé, lo spirito interiore dell’Iniziato che, avendo dentro di sé già realizzata quella riunificazione (“ha sul capo una corona d’oro”, ossia il centro coronale è attivo), è pronto per raccogliere tutto il frutto delle esperienze terrene. Compare infatti un quinto angelo, che gli dice di “gettare la falce affilata che ha in mano perché è giunta l’ora di mietere: la messe della terra è matura”. Così, tramite l’esperienza terrena, si nutre l’Anima, che a sua volta arricchisce lo Spirito.
Appare quindi ancora “un altro, un sesto angelo, anch’egli tenendo una falce affilata”, che si sente ordinare dal settimo angelo, “che ha il potere sul fuoco”, e che possiamo perciò considerare appartenente alla Gerarchia del segno fisso del Leone (b- fuoco) di “gettare la sua falce” a sua volta, per “vendemmiare i grappoli della vigna della terra”. La Mente superiore accoglie in se stessa la mente inferiore.
L’uva viene quindi pigiata “nel grande tino dell’ira di Dio”, ne “uscì sangue fino al morso dei cavalli”, cioè il corpo fisico non imbrigliato non è più, letteralmente, in grado di respirare, perché le nuove condizioni non sono più favorevoli ad una vita legata alla dimensione fisica che richiede uno scambio aria-liquido come quello che utilizziamo oggi nella grande e piccola circolazione del “sangue”.
Questi versetti convogliano il più chiaro insegnamento della Legge di Conseguenza, detta anche del karma, descrivendo l’attività dei quattro reggenti dei segni fissi: gli Angeli Archivisti o del Destino, che attendono fino a quando l’uomo è “maturo” per presentargli il conto e le conseguenze delle sue azioni: "Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio”.
È di fronte a queste elevate Entità che lo spirito umano si trova tra una incarnazione e l’altra per accettare il destino della vita seguente sulla terra.
La fine della dimensione fisica non avverrà, come fu per Atlantide, per mezzo dell’acqua (il racconto del Diluvio Universale ne è un resoconto), ma questa volta per mezzo del fuoco, cioè dell’etere (a differenza del fuoco vulcanico fisico che distrusse la civiltà precedente Atlantide, cioè Lemuria). Il fuoco (da non confondersi con la fiamma, che è la sua manifestazione visibile) è quell’elemento che sottostà a tutte le forme materiali, e che detta le linee lungo le quali esse si costruiscono; in altre parole, è l’etere.
È il pianeta etereo che il Cristo ha preparato e dove Egli sta attendendo che noi sviluppiamo la capacità di viverci. Appare del tutto chiaro ormai che il passaggio alla nuova dimensione non potrà avvenire con un collettivo salto quantico di tutto il genere umano dovuto all’azione di quale entità superiore, come taluni sembrano proporre: il passaggio potrà essere solo individuale come conseguenza delle libere scelte compiute da ciascuno nel corso delle sue incarnazioni. Ne consegue anche che il “giudizio” non si deve intendere come una sentenza esterna all’uomo: sarà ogni singolo essere umano che, osservandosi dal punto di vista del Sé come saprà fare a quel punto della sua evoluzione, vedrà chiaramente che cosa avrà saputo edificare.
Questo vale anche, e forse a maggior ragione, durante l’esistenza terrena che stiamo tutti attraversando. Sapersi osservare in modo il più possibile distaccato (a questo proposito lo stato ipnagogico è di massimo beneficio), darà la maggiore conoscenza (non tanto il giudizio moralistico facilmente prodotto dai condizionamenti del super-io) di quali sono gli aspetti da modificare e quelli da ampliare, guardando alle conseguenze delle nostre azioni.
La guerra che siamo chiamati a fare non è tanto mettersi in contrapposizione violenta contro chi combatte la nostra evoluzione, perché questo finirebbe per farci annoverare, alla fine, fra le sue fila; la guerra è una battaglia interiore, una crescita di coscienza che quando accomunerà un numero sufficiente di uomini si trasformerà in una forza invincibile e trasformativa per tutto il genere umano.